lunedì 6 febbraio 2017

I tanti pendolari dello stabilimento di Melfi: «Il viaggio lo paghi FCA»

L’assessore regionale alle Infrastrutture, Nicola Benedetto ha invocato un contributo aggiuntivo in busta paga per gli operai costretti a viaggiare ogni giorno per raggiungere le fabbriche dell’area industriale di San Nicola di Melfi


Lo ha fatto, appellandosi al contratto nazionale dei lavoratori metalmeccanici. L’azienda, in realtà, ha risposto picche, ricordando che «Fca è uscita da Confindustria» e che quindi non applica quel contratto.
I sindacati, ma soprattutto i lavoratori, si dicono favorevoli alla proposta di Benedetto. «Dico che l’assessore ha ragione», commenta il segretario regionale della Fiom-Cgil, Roberto D’Andrea. «È un’ottima idea - concorda il segretario regionale della Uilm, Marco Lomio - ma ritengo che la Regione debba aprire un tavolo di confronto complessivo con Fca, per discutere di varie tematiche, come ad esempio la questione dei turni».
Ma quanto grava sulle tasche degli operai lucani il costo per il trasporto pubblico? La spesa, in realtà, cambia a seconda dei chilometri di percorrenza. Un operaio di Forenza, ad esempio, ci ha spiegato che per percorrere i 54 chilometri per arrivare fino all’area di San Nicola di Melfi sostiene «un costo di 47,50 euro per l’abbonamento mensile e di 12,50 per quello settimanale».
Per un lavoratore di Potenza, la spesa è di «50 euro per il mensile e di circa 13 euro per il settimanale». I costi lievitano - come i tempi di percorrenza - per gli operai costretti a partire dal Materano: per un mese di abbonamento con partenza da Salandra Scalo, ad esempio, ci vogliono 65 euro per l’abbonamento mensile e 17 circa per quello valevole solo sette giorni. La spesa, insomma, diventa notevole, soprattutto se si moltiplica quella mensile per tutto l’anno (ad eccezione del mese di agosto): la cifra va dai 550 euro circa per un operaio potentino ai 715 euro annui per un collega della zona di Matera.
«Non è più ammissibile vivere - dice ancora Roberto D’Andrea, della Fiom - in un Paese in cui le spese sono del pubblico ed i profitti del privato. Sarebbe giusto che un’azienda come la Fca, ma anche quelle dell’indotto, la finiscano di scaricare il costo del trasporto unicamente sul pubblico, anche perché c’è un problema di qualità dei servizi. Gli operai, proprio perché il pubblico non ce la fa a sostenere interamente i costi del trasporto, spesso viaggiano su autobus fatiscenti. Sia per la sicurezza di chi lavora nei trasporti sia per quella dei passeggeri - mette in chiaro - sarebbe il caso che il tema del trasporto fosse anche un problema comune. Quando si fece la scelta di costruire le fabbriche nell’area di San Nicola di Melfi - racconta D’Andrea - si sapeva che vi sarebbero dovuti arrivare lavoratori provenienti non solo dalle vicine Melfi e Lavello, ma anche da altre aree della Basilicata o da fuori regione. Per tutta questa mobilità - continua - ci vorrebbe una compartecipazione fra pubblico e privato. C’è poi il problema dell’indotto: quando la Fca è ferma si interrompe anche il servizio di trasporto. Ci sono alcune aziende, però, che lavorano pure su altre commesse. Ed in quei casi gli operai sono costretti ad andare al lavoro con la propria macchina, sostenendo così costi anche maggiori».

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