La Fiat Chrysler si scusa con il lavoratore della Sevel di Atessa a cui è stato impedito di lasciare la catena di montaggio per andare in bagno. Ma ai capireparto solo un richiamo, senza procedure disciplinari. Usb promette battaglia. E Sinistra Italiana presenta un'interrogazione parlamentare.
Ancora tensioni e battaglie dopo la denuncia del sindacato Usb che ha portato alla luce un fatto accaduto alla Sevel di Atessa (Chieti) , del gruppo Fiat-Chrysler, il più grande stabilimento industriale europeo per la produzione di veicoli commerciali leggeri (come il Fiat Ducato), con oltre seimila lavoratori in organico.
Un operaio in catena di montaggio si è visto negare il diritto ad andare in bagno, nonostante avesse chiesto più volte il permesso; a quel punto, fattasi l’impellenza fisiologica insopportabile, non gli è rimasto che farsi la pipì addosso. E c’è chi ha ravvisato, in questo episodio "ottocentesco", la spia di un cambiamento del clima che si respira nelle nostre fabbriche dopo la sostanziale abolizione delle garanzie che l’articolo 18 prevedeva. E quella di Atessa sarebbe solo la punta di un iceberg che non finisce sui giornali perché poche tute blu troverebbero il coraggio di denunciare le eventuali angherie patite. Persino ai sindacati.
È battaglia legale. "Tutto il nostro studio è mobilitato per gestire al meglio, e con la massima celerità, quanto accaduto al lavoratore, un fatto di inaudita ed eccezionale gravità. Vogliamo tutelare i suoi diritti - spiega all’Espresso l’avvocato Diego Bracciale, che patrocina l’operaio della Sevel - Verranno adite tutte le sedi, penali e civili, con ogni azione possibile e verso chiunque può presentare anche il più minimo profilo di responsabilità. Qui è stata lesa la dignità sia dell'uomo che del lavoratore. Sembra che tutte le battaglie combattute per l'affermazione dei diritti dei lavoratori siano state vane. Ma ora è possibile osservare finalmente anche dall’esterno il clima che regna dentro l'azienda. Ho appreso di scuse della società, che in tutta franchezza ritengo che a poco possano servire".
La reazione del gruppo Fiat-Chrysler. L'azienda si è già scusata col lavoratore e ha preso parte (rappresentata da dirigenti) a un consiglio straordinario delle rsa Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione quadri e capi Fiat. In quella sede, ha annunciato che avrebbe fatto una ricognizione della vicenda intervenendo direttamente sui responsabili. Ma il sindacato sostiene che questi provvedimenti disciplinari, alla fine, non ci sono stati: la multinazionale di Sergio Marchionne si sarebbe limitata a richiamare i capi reparto e i team leader, ribadendo che la priorità deve essere il rispetto della persona. "Visto che si è già scritto parecchio sull’episodio, e noi non siamo intervenuti subito… preferisco ora non fare commenti, fino a che non abbiamo chiarito bene quanto è accaduto" ha replicato Claudio D’Amico, capo ufficio stampa della Fiat- Chrysler.
L’Usb non demorde. Ci dice invece Fabio Cocco, responsabile abruzzese Usb del lavoro privato e lui stesso operaio alla Sevel: "Noi crediamo che la responsabilità sia del tutto aziendale e dell'organizzazione del lavoro: perciò chiediamo provvedimenti precisi nei confronti dei dirigenti, e un intervento diretto di Marchionne per la rimozione sia del direttore dello stabilimento che del capo officina, a nostro avviso gli unici responsabili insieme all'incapacità di gestione del capo Ute". La vittima ha deciso di non parlare alla stampa: lei, che tra l’altro lavora con l’uomo, ha avuto modo di interloquirci in seguito? "Incontrandolo, ho notato in lui un crescente imbarazzo. Anche in azienda, perché ormai tutti sanno chi è. Stiamo parlando di un padre di famiglia, che si sente umiliato nel suo ambiente di lavoro: non vorremmo che gli accada lo stesso anche nella vita quotidiana".
L’interrogazione parlamentare. L’ha presentata il deputato di Sinistra Italiana Gianni Melilla: "Si tratta di un fatto grave che lede la dignità di una persona e tramite lui dell'intera classe lavoratrice di questo stabilimento, che è la più grande fabbrica italiana della FCA. La Sevel produce circa 300.000 veicoli commerciali che vengono venduti in 80 Paesi del mondo; in Europa occupa il primo posto nelle vendite del suo segmento. Si tratta dunque della più grande fabbrica metalmeccanica italiana, un gigante dell'export industriale. La vicenda per questo non può essere sottovalutata: nella più grande fabbrica italiana i ritmi e i carichi di lavoro arrivano al punto di costringere un operaio a farsi la pipì addosso per non lasciare il suo posto alla catena di montaggio, cose che pensavamo appartenessero alla fase primitiva dello sfruttamento della forza lavoro da parte di un capitale avido e disumano. La democrazia non può fermarsi davanti ai cancelli di una fabbrica: anche alla catena di montaggio i lavoratori non devono essere umiliati".
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